In disordine

dicembre 18, 2017


C'è elettricità nell'aria. I miei occhi sono attratti dalla scompostezza che si presenta nel Teatro Petruzzelli.
Figuranti che entrano vestiti con uno strano burka scarlatto. Che succede?
Un pass stampa al collo, un cappello rosso come la scritta Ted, il mio quaderno, la mia fidata penna, l'occhio di Teresa pronta a catturare gli istanti del disordine. Saliamo le scale del teatro per dirigerci al terzo ordine dove possiamo prendere posto per documentare il Tedx Bari 2017. Ma...davanti l'ingresso della gradinata c'è una figura: immobile. Veste lo stesso burka dei figuranti incontrati all'ingresso, non si percepisce la corporatura, incute disagio, è immobile, il tessuto scarlatto, vivo. Per un momento penso ad una mia allucinazione, ma il pass mi ricorda che questa sera vivremo e respireremo l'aria del disordine.


Prendiamo posto, le luci si spengono, la musica vibra nel torace e con la musica come se fosse un'onda, una frequenza, il figurante con il burka si muove sul palco. A volte frenetico, a volte dolce come una brezza, si muove come se non fosse umano, si muove scomponendosi; i suoi movimenti emergono da un suo animale interiore. Questa terza edizione del Tedx Bari si apre creando disordine nel pubblico.
Mi lascio travolgere.
La penna per adesso non scrive.
Le cellule del mio corpo sono presenti.
Sono ricettiva.
Scomposta.
Sembra quasi che l'obiettivo sia quello di contaminare e sconvolgere il pubblico; sporcare la visione e l'udito. Mi domando se anche noi, seduti e fermi, siamo in realtà parte integrante di quella performance.
Ormai è tutto in disordine.


Chi c'era sotto il burka? Non si svela nulla. Nulla viene detto, rimaniamo così: scomposti nella nostra immobilità. All'improvviso dalle poltrone veniamo scaraventati nell'immensità dello spazio.
Luca Del Monte ci porta con lui, in questo viaggio tra le stelle, per scoprire una realtà di rifiuti e detriti che viaggiano come una nube intorno alle orbite dei pianeti. Detriti che nello spazio infinito creano disordine, sembra quasi assurdo da pensare, ma è così. Luca ci allerta che il problema è grave, che questi detriti prima o poi potrebbero diventare un grosso problema per l'umanità. Dal caos dello spazio scendiamo in picchiata verso il basso e ritorniamo seduti sulle nostre poltrone, ci viene incontro Fabiana Zollo per parlarci del disordine che soffoca le nostre menti. Un disordine creato da milioni di fake news. Fabiana si occupa di questo: di ciò che è vero e di ciò che è falso. I nostri pensieri vengono contaminati da bufale e disinformazione, noi per primi non siamo più in grado di riconoscere la verità dalla finzione. Ci rendiamo conto che di fronte ad un gruppo di persone che hanno un'opinione diversa dalla nostra, noi tendiamo a poco a poco ad abbandonare il nostro pensiero per abbracciare quello del gruppo. Ci autosabotiamo, ci tradiamo per il bene del gruppo, molto spesso a favore di ciò che è falso. Confusione, ancora disordine, tutto ciò che è in realtà non è. Sottosopra.
Ma c'è rimedio a questo disordine dell'informazione? Fabiana ci lascia con una citazione di Cass R. Sunstein e quasi come se avesse vita propria, la mia mano impugna la penna e trascrive quello che l'occhio e la mente sono intenti a leggere.

"Can anything be done? The best solution is to promote a culture of humility and openness."
(Si può fare qualcosa? La soluzione migliore è promuovere una cultura di umiltà e apertura.)



Un'altra donna si appresta a calpestare il palco del Tedx Bari ed è Mahzarin R Banaji e porta con sé uno straordinario elogio agli errori che sono un balsamo per i cuori di quelli, che come me, si martorizzano per ogni sbaglio commesso. Quando facciamo degli errori noi impariamo a conoscerci e la nostra mente compie veramente tanti errori. Mahazarin trascina tutto il pubblico in uno stuzzicante gioco per dimostrarci come i nostri stessi occhi, la nostra stessa mente, ci traggono in inganno. Ci dimostra quanto il pregiudizio sia talmente radicato nella parte più profonda di noi da non rendercene conto.
Associazione di nomi, immagini che mentono, niente è come sembra, i miei occhi mi mentono, io scopro nuove visioni, il pubblico rimane interdetto, nella sala c'è brusio...nella sala c'è disordine, un disordine che parte dalle nostre menti. Ma, possiamo essere più intelligenti delle nostre menti, possiamo domarla con le ali della consapevolezza.



Con le menti sottosopra ci ritroviamo tra le strade di Parigi, intorno a noi graffiti e poi ...eccolo! È l'artista con il burka che svela il suo volto: Alexandre Bavard. La sua creazione si chiama Bulky (un personaggio immaginario con il burka), i suoi movimenti, le sue danze, nascono dai gesti che i writer compiono per scrivere le tag o creare graffiti. La sua tag è formata da una serie di lettere incatenate tra loro, che formano il nome MOSE. Lui crea disordine urbano con le sue performance: macchiate di improvvisazioni, avvengono tra la gente, nelle strade e sono movimenti mirati a far sussultare il cuore, cerca punti esatti, scosse nel corpo, spasmi creativi. Il suo corpo esprime libertà, la stessa libertà che vorrebbe vedere per la sua arte illegale (i graffiti).



I movimenti del personaggio immaginario Bulky mi ricordano vagamente i movimenti di un androide e forse non a caso il prossimo speaker è una persona che di tecnologie ne ha fatto il suo mestiere: Eric Rodenbeck. Siamo osservati, da occhi di robot, non è un romanzo di George Orwell ma la realtà che ci mostra Eric. La tecnologia ci mostra l'ordine e il disordine delle città. Persi nella moltitudine, ci ritroviamo, invece, in una confusione di bande sonore, siamo quelle strisce colorate che aumentano all'ora di punta. Ci muoviamo insieme, ci fermiamo insieme, creiamo disordine insieme. Tutto si muove e tutto viene registrato sotto forma di fasce colorate. La densità demografica è caos, è un problema eppure noi non sappiamo fermarci, cresciamo e ci allarghiamo e creiamo ancora più disordine, condannati dalla voglia di evolverci senza fine e senza controllo morale ed etico.



Con uno zoom in avanti abbandoniamo la vista dall'alto e ci ritroviamo nelle strade. Clacson, traffico, smog, macchine e Barbara Covilli, lei si occupa di mobilità innovativa e sostenibile. Ci racconta le nostre strade come se fossimo sul set del film di Blade Runner, vediamo i fumi, le polveri sottili, l'aria densa, i polmoni si contraggono e iniziamo a tossire. Anche il traffico è disordine e non si risolve creando nuove strade ma scegliendo soluzioni alternative come il car sharing, i mezzi di trasporto, le biciclette. Ma, dopotutto, l'uomo è disordine, vive nel disordine, lo crea, è disordinato anche nel parlare ed è proprio quello che ci spiega Andrea De Benedetti. Andrea è un linguista che con molta umiltà ci insegna che la lingua si evolve proprio attraverso gli errori. "Errar non nuoce!", il pubblico si rilassa nelle poltrone, i muscoli allentano la tensione: avevamo bisogno di sentircelo dire. Andrea non ci parla del bon ton linguistico, ma degli errori e di quanto siano importanti per lo sviluppo della lingua. Nessuna correzione e soprattutto nessun giudizio; ecco, forse è questo che voglio riportare tra queste righe: l'assenza di giudizio nei confronti di chi commette un errore linguistico. "Gli ignoranti sono sempre gli altri, mai noi", siamo abituati a punire lo sbaglio, a puntare il dito contro le persone dimenticandoci che le altre tre dita indicano noi stessi. Lui non giudica un errore, ma anzi lo osserva, lo comprende e arriva alla conclusione che le lingue nascono dagli errori. Tutto è in continuo cambiamento, è la natura dell'universo e perché la lingua non dovrebbe essere soggetta a questa grande legge? Perché dimostrare che noi sappiamo più degli altri? Parlare bene non sempre è sinonimo di saper comunicare. Noi tutti commettiamo errori, ma c'è un luogo dove dal caos nascono opere perfette che nutrono il corpo e, perché no, anche lo spirito.



Una bellissima Isabella Potì cammina sicura verso il leggio. Ventuno anni e una carriera da chef pluripremiata. Ci racconta il caos in cucina, ciò che succede prima che il piatto venga servito al cliente. La creazione nasce dal disordine e dal caos, gli ingredienti così imperfetti vengono tagliati, cucinati e, con un nuovo vestito, portati alla bocca dei fortunati clienti e il sapore di questo cibo genera felicità. "La cucina è tumulto perché nasce dalla fame", i movimenti in una cucina sono frenetici, svelti, le traiettorie della brigata che lavora si intrecciano, le urla, l'ordine pronto, il raggiungimento della perfezione in un piatto. In questa confusione c'è una scienza esatta: la cottura giusta, il piatto pulito, i sapori che, sapientemente annodati, sono pronti a scivolare via e lasciare quella confusione per finire in una sala ordinata, pulita, su un tavolo che rappresenta il piedistallo di quell'opera.


L'eleganza della figura di Isabella abbandona il palco e veniamo di nuovo catapultati in un contesto di cultura, dove si analizza il disordine culturale, il disagio delle nuove generazioni, bloccate in una definizione di cultura che sembra più una condanna. A parlare è Raffaele Alberto Ventura. Lo abbiamo notato tutti che nella società moderna apparire è alla base della piramide della vita. Apparire sembra essere diventato un lavoro a tempo pieno e come tutte le azioni che vanno contro la profonda e nobile natura dell'uomo ha come risultato un profondo disordine dell'anima. Quando si parla di inquietudine e sensibilità Franz Kafka è in cima alla lista e una illustrazione di Robert Crumb che raffigura i demoni di Kafka che lo costringono a scrivere, condannato dalla sua stessa dote, appare dietro la figura di Raffaele. Quale personaggio migliore da citare se non Kafka che si sentiva vittima di una società che non gli permetteva di poter essere com'era realmente, intrappolato in un'immagine distorta di sé stesso, raffigurato come una marionetta da Crumb. La cultura si sta trasformando in un coltello affilatissimo, sapere molto diventa una condanna. "La cultura è un privilegio e una condanna", anche la cultura è rilegata al mero compito di abbellire l'esibizione dell'ego. Mostrare: io ti mostro quanto so, valgo più di te e gli animi si agitano e la natura umana perde la compassione intrinseca al proprio essere. Raffaele racconta la fragilità dei trentenni e prende ad esempio il film Fight Club. Il film dimostra come ogni persona frustrata possegga un personaggio interiore più realizzato...ma realizzato secondo un mondo distorto.



L'ultimo speaker: Andy Lomas. Artista e matematico, vincitore dell' Emmy Award come supervisore di effetti speciali, ha realizzato Matrix Reloaded e Alice in Wonderland. Le sue opere si basano su algoritmi che lascia sviluppare in maniera disordinata per poi ottenere figure ordinate nella loro complessità. Trova l'arte nel caos del corpo: nella disposizione delle cellule. Il suo operato è un connubio tra scienza e arti visive, l'una razionale e ordinata, l'altra irrazionale e disordinata...ma chi dice che non possano stare insieme? Su queste riflessioni si conclude il Tedx Bari del 19 novembre 2017.



La testa con i pensieri sottosopra. Il pubblico si gusta l'ultima perfomance del duo musicale Niagara, che con le loro onde ci portano in terre mai viste, così come hanno fatto tutti gli speakers offrendoci una visione diversa del disordine, scardinando il giudizio sull'errore, dicendoci apertamente che va bene così come siamo. Non esiste disordine senza ordine, non esiste sbaglio senza cambiamento; eppure perché ci sembra così assurdo accettare nelle nostre vite sia il disordine che lo sbaglio?


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